domenica 6 febbraio 2011

Ipsia col teatro oltre le differenze

di Marco Severo (Repubblica Parma)
"Basta chiacchiere, serve far agire i ragazzi” dice l’attore Savino Paparella, conduttore del laboratorio interculturale che sfrutta il gioco e la fisicità per favorire l’incontro fra culture. All’istituto di piazzale Sicilia, la scuola con oltre il 30 percento di immigrati e dove venne accoltellato “Guri”, in azione la quarta A.

Un’asta di legno, 14 ragazzi in cerchio. L’asta non deve cadere a terra. Mai. Al centro un giovane chiama un nome, un compagno scatta e raccoglie il bastone lasciato dall’amico. “Serve ad attivare la concentrazione, a sviluppare una coralità in forme non convenzionali” dice Elisa Cuppini, coreografa. Eccolo il laboratorio teatrale di intercultura, finanziato dal ministero della Gioventù e ideato dall’associazione di solidarietà internazione Lvia. Come in altre 12 città italiane il progetto arriva anche all’Ipsia, l’istituto professionale di piazzale Sicilia. A Parma l’iniziativa riguarda tutte le scuole del polo “difficile” di via Toscana: dall’istituto Giordani all’Itis Da Vinci e alla new entry del liceo Bertolucci, che ha promosso il pacchetto insieme al Teatro delle Briciole Fondazione delle arti.

Gli studenti, nel seminterrato dell’Ipsia, sono gli attori inconsapevoli di questo teatro-scuola: “Pensavamo di assistere a un seminario, al massimo a una recita” dice Mandeep, origine indiana, classe quarta A. E invece deve sudare Mandeep. Deve tenere caldi i riflessi e seguire il gioco dell’asta. “Julian” urla uno studente. Julian si precipita, il bastone non deve andar giù: sennò sai che figura. Tutto il gruppo ha lo stesso obiettivo. Lui e i suoi 13 compagni – quattro italiani e altri nove giovani d’origine estera (due indiani, quattro albanesi, un bulgaro, un ghanese, un moldavo, un tunisino) – sono una cosa sola. L’obiettivo è spingere i giovani a mettersi in gioco, come singoli e come gruppo, su temi che li toccano da vicino: identità e differenze, cittadinanza, diritti, gestione non violenta dei conflitti. “Basta chiacchiere – dice Savino Paparella, attore e conduttore del laboratorio – noi puntiamo a mettere in azione i ragazzi, sollecitando la presa di coscienza della propria identità e facendo venir fuori quello che si muove dentro agli adolescenti, nel tumulto emotivo e psicologico proprio di quella fase di vita”.

Se poi il tumulto emotivo ha l’Ipsia come sfondo, la faccenda si fa più seria. Poco più di un anno fa, davanti all’istituto professionale con oltre il 30 percento di immigrati venne accoltellato a morte Gurinder Saini. Guri, come lo chiamavano tutti, aveva 18 anni e veniva dall’India. Un suo coetaneo albanese – “volevo solo spaventarlo” – in una mattina di neve gli tranciò l’arteria femorale. Ecco perché “identità e differenze”, “gestione non violenta dei conflitti” qui non possono essere solo un gioco. “Che razza di integrazione può esserci quando una famiglia arriva in Italia dall’India e a quella famiglia viene ammazzato il figlio?” si domanda preoccupata Ilaria Allegri, professoressa di italiano per stranieri e coordinatrice del laboratorio. “Parma è cambiata profondamente – dice – dopo un periodo trascorso in Francia, sono tornata e ho trovato una città davvero multiculturale. Entri in aula e ti trovi davanti ragazzi africani, esteuropei, orientali”. Il cambiamento è una ricchezza, dice la Allegri. Però bisogna imparare a gestirlo, anzi farlo gestire dai ragazzi direttamente. A questo serve il gioco che non è un gioco, qui nel “ghetto” scolastico di via Toscana. “Con questa forma di incontro gli studenti tirano fuori ciò che hanno dentro – spiega la Cuppini – ridono, vengono sorpresi e intanto imparano ad agire in modo corale, a concentrarsi tutti insieme su una cosa sola”. E quando c’è da tenere in piedi un’asta in legno – una società, un’istituzione, una scuola? – sai a chi interessa sapere se sei indiano o africano?

(http://tutti-in-scena-parma.blogautore.repubblica.it/)

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